giovedì 19 giugno 2014

LA TV TRASMETTE



Alba La Mantia - Alla finestra - acquerello 





Nelle narici odore di polvere bagnata da sparute gocce di estive nuvole strizzate a fatica.
Umida cappa di scirocco immaturo, non è ancora tempesta, il sole incappucciato di polvere.
In cucina affetta una smunta carota. Pensa alla dieta: 30 gocce d'olio, 30 grammi di pane. Tra un mese perderò un altro chilo!
Come sempre è la voce della tv l'unica compagnia a quell'ora. Pensa a lui che starà mangiando il suo panino preparato in casa. Son tempi grami. Lei carota e formaggio a casa. Lui panino imbottito preparato alle 5 del mattino in cucina.
Lo mangerà nell'ufficio deserto.

La tv emette con voce uguale e senza accenti, senza emozione la notizia:
-uccide la moglie e i figli, ha confessato-

Con calma gira appena lo sguardo verso lo schermo. L'assassino è lì, in una foto recente, sorride.Pensa: com'è giovane!

La carota molliccia oppone resistenza alla lama sorda senza filo. Anche la carota sente lo scirocco?

La tv racconta l'orrore, sembra di sentirle quelle urla, anzi, le sente. Sì, le sente!
Appoggia la carota sul tagliere e si accosta alla porta d'ingresso, dalla tromba delle scale l'eco delle urla, un bimbo piange disperato, la tv continua a raccontare...

Torna in cucina, la tv continua, adesso mostrano un giocattolo giallo in giardino che non ha più un bimbo da far giocare.

E' triste.

Le urla continuano, loro, i vicini di casa, litigano: sono belli, giovani, si muovono con grazia e leggerezza e il loro bimbo è bellissimo, sembra che siano stati creati per essere ammirati. Urlano adesso.

Bascula tra il lavello e il balcone. Tende l'orecchio, ansia. Che fare?

Le urla aumentano, tonfi di indefiniti oggetti che puniscono mura e pavimenti. Scontate porte sbattute, eterne ante di solite anonime cucine schiantate a forza. Prevedibile. Nella norma rassicurante di una lite domestica.

La tv continua il racconto su un altro canale, ancora più dettagli.

Torna al balcone, in colpa, si sente quasi una presenza inopportuna, ascolta e sente le sommesse scuse di lui e lei che urla sempre più forte. Il bimbo sempre più disperato e loro insieme che urlano al bimbo di tacere!!

I ricordi ad un tratto si fanno vividi, presenti, reali, in 3D: altre urla, altri bimbi, altra casa, sangue e lacrime, sudore e disperazione...voglia di morire e lasciarsi uccidere!!! Basta....basta....

Una vita fa, un'altra vita, lontana passata ma sempre pronta a saltarle addosso, toglierle il fiato, mozzarle il respiro e avvilupparla come una coltre nera senza forma, pesante di dolore.

Pensa: io non sono mai stata in tv...

Torna alla sua carota. Sul telecomando preme il pulsante del mute, ascolta ancora, qualcuno esce di casa e rientra forse pentito, forse con ancora qualcosa di puntualizzare con altre urla, lei continua ad urlare, lui adesso tace...

La tv continua con altri delitti in famiglia...una nonna.

Cambia canale e alza il volume, mette l'olio e il sale alla sua carota affettata con coscienza, mette il piatto su un tovagliolo a fiori ben stirato e steso sul tavolo con precisione. Allinea forchetta coltello tovagliolo di carta e bicchiere azzurro, con armoniche distanze geometriche. La bottiglia dell'acqua con accanto la pillola da prendere, pronta, lì per non dimenticarla. 30 gr. di pane, una fettina di formaggio, una pesca gialla e rossa già lavata.

Un ultimo ascolto fugace... i vicini adesso discutono!

Tutto è nella norma, tutto è al suo posto, non sente più il pianto del bimbo e il suo cuore non ha più paura di ascoltare.

Si siede, la forchetta affonda su due fettine impilate della flaccida carota, le porta alla bocca, guarda lo schermo: immagini di guerra in qualche parte del mondo. Lontano.

Un ultimo pensiero a quella giovane sposa mostrata sullo schermo col suo abito bianco che il suo giovane marito ha ucciso, un ultimo pensiero a qui bimbi che non ci sono più.

Distrattamente pensa: non sono io in tv, nemmeno questa volta. E non sono più io la giovane e bella sposa e i miei figli non sono più bimbi, ma adulti che hanno già ereditato il loro dolore. Non grati.

Sono ricordi un'altra vita, un'altra casa, altri bimbi, altro luogo e... un altro uomo!!

Torna a pensare alla sua dieta insipida ma necessaria, a lui che avrà già mangiato il suo panino e tra pochi minuti la chiamerà e le chiederà con ansia e precipitazione:
- hai preso la pillola?
- si
- sicuro?
- ti dico di si!
- tutto bene a casa?
- tutto come al solito caro!
- bene, ci vediamo alle 16, un bacio amore mio...
- un bacio tesoro, ti aspetto!

Pensa: domani cucinerò zucchine trifolate, e in tv trasmettono un finto processo...





Alba La Mantia










martedì 3 giugno 2014

ORECCHIE TEMPERATE


Alba La Mantia- illustrazione- tempera su cartoncino Fabriano 33x23




L'acqua! Per prima cosa devo togliere il barattolo pieno di acqua verdastra che vira al blu cobalto. Il tavolo da lavoro traballa e l'acqua potrebbe traboccare e se trabocca dove finisce? Ovviamente sotto la base della lampada da tavolo. E cosa succede? Con il mio spirito positivo a cosa posso pensare se non ad un cortocircuito! Certo, un cortocircuito e cos'altro?
Un disegnatore di illustrazioni che colora con acquerelli o tempere ha sul suo tavolo da lavoro anche un asciuga capelli. Ovvio. Quindi lampada più asciugacapelli collegati alla presa di corrente. Si forma nella mia mente un'immagine terrificante.
Quindi per prima cosa via i barattoli colmi d'acqua ormai coloratissima, il miscuglio in genere assume un colore tipo cane fuggente nella notte con una punta di color Bank-Man, in gergo pittorico palermitano: culuri di canazzu 'i bancata, sfumatura del beige tipicamente sicula che solo gli artisti indigeni conoscono e qualche volta, se capita, utilizzano.
Metto via l'asciuga capelli, Poi il nastro di carta gommata appallottolato e la carta assorbente in un unico blocco da buttar via insieme ai riccioli di matita e di qualche pastello usato come rinforzo su  qualche sfumatura. Riccioli accumulati nel contenitore apposito ma attenzione, devo togliere il tempera matite che per comodità lascio tra i riccioli e la polvere di grafite.
I pennelli! Li porto fuori sul tavolo del terrazzo accanto ai barattoli e alle vaschette e alla tavolozza in plastica, tutto questo sarà lavato alla fine dei lavori di riordino dello studio.

I pastelli, rimetto in ordine la grande scatola di legno, metto in fila precisa i pastelli, in perfetto ordine come tanti soldatini, controllo che non ne resti fuori nemmeno uno. Ripongo la scatola.
Il grande barattolo con tutti i pennelli, via, sullo scaffale. Ecco la scatola con i tubetti delle tempere, metto il coperchio e via sullo scaffale anche lei! Via le gomme dure e morbide, riposte insieme e temperini. Anche loro hanno la loro brava scatola che li attende.
Adesso....adesso è la parte difficile. La parte dolorosa. Due settimane di schizzi, di abbozzi, di prove. Incredibile, decine di fogli. Anche nel grande pannello di sughero appeso alla parete davanti al tavolo sono infilzati strati di schizzi e ritagli, alcuni tenuti insieme da una pinza fissata  al pannello, altri con il nastro adesivo. Il mazzo di schizzi di anatomia asinina. Un altro blocco per fissare bene in mente la dentatura degli asini, altro fascio con decine di occhi di asini. Le code e le terga! Disegnare o no i monticelli di deiezioni? Nel dubbio imparo a disegnare anche quelli, possono sempre venire utili.
Ecco il primo disegno di senso compiuto, mi sono affezionata a quella forma, metterlo via è come salutare una persona cara, ho il magone...

E tutti gli schizzi dell'omino ideato come asinaio? Tozzo come Sancio ma con coppola e baffoni come s'addice ad un asinaio siculo. Che anche la sicilianità esige la sua mercede!
Metto via anche i blocchi di carta di varie grammature, i fogli con le prove colori, anche loro nel sacco della carta per la differenziata. Man mano il grande tavolo da lavoro si svuota, tolgo la tavoletta su cui fisso i fogli e lo pulisco per bene. Ogni schizzo che metto via mi allontana dall'asinello e dalla sua storia. Mi era divenuto familiare, quasi parlavo con lui e che gioia quando ho trovato la forma giusta per il suo piccolo asinello partorito tra la paglia, oh...solo accennata! La scena non doveva essere rubata da troppi particolari, essenzialità è quel che serve. Immediatezza di comunicazione. Già, la comunicazione. Per un illustratore è tutto! Deve fare a meno delle parole, la scena deve essere immediatamente visualizzata e compresa da tutti, grandi e piccoli. Il racconto deve apparire superfluo, un di più, giusto una puntualizzazione. Una gara tra chi scrive e chi illustra. A chi è più conciso e preciso, un bel duello! Chissà tra me e il narratore chi avrà la meglio? Non lo saprò mai.

Ma intanto la mia asinella si allontana, ne soffro così come soffro ad ogni opera che lascia il cavalletto, che esce dallo studio, quasi come accompagnare un figlio all'altare: andrà via, per conto suo e non sarà più la tua creature. Il dolore è lancinante.
Una strana sensazione, come se la gola fosse stretta da una mano che soffoca, un velo di tristezza, anzi, proprio tristezza quando la “creatura”, sia essa di pochi centimetri oppure un grande pannello di tela attraversano la porta dello studio per raggiungere un altro luogo o semplicemente una parete della stessa casa o, come in questo caso, un cassetto ma in altro luogo, lontano, a me sconosciuto.  Adesso lavo il piano del tavolo, metto via il cavalletto, la tavoletta. La lampada sarà anch'essa pulita a dovere, nemmeno la più piccola macchiolina del lavoro terminato deve restare! Tutto in ordine.  Lo studio nel suo tripudio di colori, barattoli, libri, boccette, vasetti, rotoli di carta, scaffali stracolmi, pareti traboccanti di quadri e disegni di tutte le dimensioni ma con quel piano da lavoro così pulito e sgombro... lo studio sembra vuoto! Quasi un abbandono, un tradimento. Ogni opera è un parto. Ogni fine-opera è una morte. Ogni pulizia generale è seppellire quel che è stato creato perché si possa accogliere il nuovo, la nuova idea, la nuova scintilla creativa. Come in inverno l'albero che si spoglia in attesa dei boccioli primaverili.

Un paio di giorni, passo e ripasso davanti alla porta aperta dello studio, faccio agguati all'asinello, come se dovesse tornare...ma non c'è!
Al terzo giorno mi sveglio con un'idea fissa, un colore, una forma. Appena posso corro nello studio e in pochi minuti come sbucati dalla borsa di Mary Poppins ecco che di nuovo si schierano colori e matite, tele e carte, e si ricomincia con nuovi schizzi, un nuovo entusiasmo, quasi un furore e l'asinello è lì, un ricordo, pare che si allontani pian piano lasciando un bagaglio di informazioni ed esperienza su zampe, cosce occhi e sorriso asinino.
E via, si parte verso un nuovo orizzonte, un nuovo viso o un paesaggio, ogni inizio una nuova avventura in sella ad un pennello o una matita.



Alba La Mantia

  APOLIDE /a·pò·li·de/ aggettivo e sostantivo maschile e femminile Persona che non ha alcuna cittadinanza, perché priva di quella di origine...